Da Clanezzo alla cascina Como (Sentiero “Angelo Gotti”)

Sentiero partigiano “M.O. Angelo Gotti”

Promosso da Tavola della Pace Valle Brembana, Anpi Valle Brembana, Cai Zogno

Un facile itinerario nel bosco, con un tratto in salita all’inizio e poi su piacevole percorso pianeggiante, ci porta tra castagni e roccoli al luogo del martirio – il 23 novembre 1944 - di Angelo Gotti, nei pressi della cascina Como, sotto il passo del Canto. Gotti faceva parte della brigata Fiamme Verdi “Valbrembo”, costituita formalmente nel giugno 1944, con base sul monte Ubione, unificando una serie di iniziative germogliate dopo l’8 settembre del ’43, su iniziativa soprattutto di don Antonio Milesi, “Dami”, curato di Villa d’Almé, il paese di Angelo. Larga parte del percorso si svolge sullo spartiacque tra la val Brembana e la vall’Imagna: da un lato il Canto Alto, dall’altro l’Albenza e il Resegone.

 

Località di partenzacascina Belvedì, Clanezzo, 383 m
Località di arrivocascina Como, Capizzone, 722 m
Segnavia571
Tempo di salita1 h 45’ (+ 40’ la variante al monte Ubione)
Riparino
Acquano
CartinaKompass n.105; Cai-Provincia n.7

Scarica il percorso

Raggiunta, all’inizio della valle Imagna, Clanezzo (che merita una visita), si sale in auto all’Agriturismo Cascina Belvedì, guadagnando un po’ di quota (383 m, parcheggio e tabellone illustrativo). Si aggira la cascina e si sale sul monte alle sue spalle (indicazioni bianco-rosse e cartelli) seguendo il segnavia 571; dopo alcuni tornanti nel bosco misto si sbuca su uno sterrato su cui si prosegue in salita (indicazioni monte Ubione, 1 h) abbastanza ripida. Si continua seguendo le numerose indicazioni.

Ben presto si raggiunge un bivio che a destra indica il monte Ubione (il segnavia 571 va in quella direzione) e a sinistra il sentiero Gotti; da qui il piacevole sentiero prosegue sostanzialmente in piano sul lato ovest del monte - alla nostra sinistra la valle Imagna e il poderoso fianco del monte Linzone, in fondo il Resegone – fino a sbucare con tratto in lieve salita ai Roccoli della Passata, bel valico dove sorge un capanno (728 m, 1 h).

A destra, vicino a un’immagine votiva, le indicazioni propongono la salita al monte Ubione con “passo facile” oppure con “passo alpino” (30’). Noi proseguiamo sul lato opposto, verso due tralicci ENEL. Ci troviamo sul crinale tra la valle Imagna e la val Brembana: è ben visibile il Canto Alto. Il sentiero prosegue sul tratto brembano o sul crinale, toccando via via altri capanni. Tornati sul versante valdimagnino, ignoriamo la deviazione per la contrada Chignolo e proseguiamo in quota fino a scendere su un sentiero che sfocia sul tornante di una strada sterrata; la seguiamo in discesa finché dopo un cancello troviamo il piccolo solitario monumento ad Angelo Gotti, eretto nei pressi dell’albero dove fu torturato e ucciso. Poco oltre, si raggiunge la cascina Como (722 m), che fu sede del comando della brigata Valbrembo e i cui abitanti udirono le grida di dolore del giovane durante il suo supplizio. Su un dosso appena davanti a noi, svetta sulla valle un bel roccolo.

Il ritorno si effettua lungo lo stesso percorso dell’andata. Raggiunta la Passata, consigliamo però di salire sul monte Ubione (895 m), sia per la splendida vista che offre (è un picco isolato su cui sono visibili i resti di fortificazioni, probabilmente appartenenti a un antichissimo sistema di sorveglianza e difesa, oggi adattati a bivacco), sia perché qui ebbe origine la formazione “Valbrembo” che con la “1° maggio” diede poi vita alla brigata Fiamme Verdi “Fratelli Calvi”, guidata da Natale Mazzolà e don Antonio Milesi “Dami”.

Il coraggio di Angelo

Angelo, operaio del Linificio di Villa d’Almé, aveva appena compiuto 23 anni. Il suo entusiasmo giovanile l’aveva portato ad aderire subito all’invito del “Dami”, il curato dell’Oratorio don Antonio Milesi che nella primavera del 1944 aveva fondato la brigata “Valbrembo”, attiva tra val Imagna e val Brembana. A novembre, durante i rastrellamenti condotti dalla Compagnia Ordine Pubblico (la famigerata O.P. guidata da Aldo Resmini), un partigiano catturato rivelò sotto tortura la collocazione dei partigiani. Il 23 novembre Gotti ed Emanuele Quarti furono inviati da Dami alla cascina Como, in prossimità del passo del Canto, per avvertire i compagni, ma incapparono nei fascisti. Emanuele Quarti ricorda: “Giunti a circa 40 metri dal primo casello delle formazioni, non trovammo i partigiani, bensì i fascisti che intimarono ‘mani in alto!’ Mentre istintivamente alzammo le mani, ci guardammo e dicemmo ‘scappiamo’. Ci buttammo a corpo morto correndo all’impazzata verso la valle. Io inciampai in una radice, Angelo più avanti a me venne raggiunto da una raffica di mitra ad una spalla. Rotolai in un cespuglio e rimasi immobile per ore. Sentii i fascisti passare più volte vicino, mentre sparavano all’impazzata nei cespugli, aspettandomi da un momento all’altro di essere colpito. Stavo il più fermo possibile, con la medaglia della catenina del collo stretta tra le mani. Angelo venne catturato e sentii chiamare la barella. Poiché Gotti era in regola con i documenti di lavoro, disse ai fascisti di essere in zona per effettuare scambi di sale con formaggi. Sulle prime gli credettero e sembrò che lo portassero in ospedale; sentii una voce, quella del traditore, che diceva ai fascisti che quello era la staffetta del comandante Dami. A questo punto sentii il gruppo allontanarsi. I fascisti, inviperiti per non aver trovato nessuno sul monte Ubione, si accanirono sul Gotti pestandolo col calcio del fucile e pugni per strappargli i nomi del comandante e dei compagni. Nonostante le sevizie Angelo Gotti resistette eroicamente, non rivelando alcun nome. Venne legato ad un albero e fucilato nelle prime ore del pomeriggio”. 

Testimonianza di Emanuele Quarti, in Tarcisio Bottani, Giuseppe Giupponi, Felice Riceputi, La Resistenza in Valle Brembana, Ferrari, Clusone, 1994, pp.172-173